lunedì 18 ottobre 2010

Figli delle stelle

La commedia italiana, come dimostra l'incredibile successo di Benvenuti al sud di Miniero, potrebbe essere il punto di partenza per il rilancio dell'industria cinematografica nazionale e per dare spunti per una nuova politica produttiva. Un parco attori/divi da poter spendere, la possibilità di coniugare realtà e gusti del pubblico, anche una questione di DNA artistico e culturale italico. E' per questo che dal nuovo film di Lucio Pellegrini ci si aspettava qualcosa di meglio.
La storia è quella di un gruppo di precari ideologicamente attivissimi che, per disperazione e ripicca dopo una morte sul lavoro, decide di rapire il ministro: ma essendo sfigati e incompetenti rapiscono un sottosegretario. E ora devono risolvere il problema. Il regista col fratello Michele e e Francesco Cenni scrive una specie di parodia di Buongiorno notte di Bellocchio che vorrebbe percorrere le strade della commedia dalle venature nere e politiche, ma si arena nell'inadeguatezza della sua realizzazione.
Il film infatti entra all'inizio a gamba tesa sulla realtà, raccontando di precari, di poveri, di operai che muoiono per le troppe inadeguatezze del sistema, ma anche dei limiti della politica e delle ideologia, fermandosi però alle premesse e preferendo restare nel limbo della commedia di basso profilo, fatta di macchiette, dialetti da ogni parte d'Italia, superficialità politiche e musiche didascaliche (il Va' pensiero di Verdi); e così un film malinconico sul riscatto dei perdenti, sulla cialtroneria insita nel sistema italiano e sull'azione collettiva contro i cascami del potere diventa una facile presa in giro del nuovo comunismo, dell'ingenua buona fede con annessa dimostrazione che non esistono cattivi, ma solo buoni fraintesi.
A dominare la sceneggiatura, più che il qualunquismo, però c'è il dilettantismo di costruzione che dimentica per strada per gran parte del film un personaggio - comunque inutile - come quello di Fabio Volo e si affida alla struttura movimentata per coprirne le falle; alle quali Pellegrini non fa molta attenzione, preoccupato solo di dirigere gli attori, dai protagonisti ai secondari, come enormi macchiette regionali (che il pubblico si conquisti puntando solo ai regionalismi?). E' un peccato, perché il finale raggiunge il tono crepuscolare che ci voleva e avrebbe dato più spessore alle prove di Pierfrancesco Favino – che parla ciociaro – e Claudia Pandolfi. Mentre Giuseppe Battiston e Paolo Sassanelli sono attori e caratteristi di razza, e il loro dovere lo sanno fare sempre e comunque.

Voto: 5

1 commento:

  1. Ha molti difetti e li hai evidenziati bene...il meglio del film secondo me e' nella parte più surreale (tipo quando gli abitanti invece di essere spaventati si uniscono al rapimento). Cmq non male, poi gli interpreti sono bravi, Battiston su tutti.

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