domenica 10 ottobre 2010

Une sconfinata giovinezza


Come Woody Allen, anche Pupi Avati ha fatto della regolarità e della prolificità un marchio di fabbrica, e nemmeno un anno dopo il precedente Il figlio più piccolo torna in sala col suo 37° film, e sposta lo sguardo dalle deviazioni della società capitalistica al rapporto di coppia e alla malattia. Con risultati dignitosi e anche emozionanti.

Lino è un apprezzato giornalista sportivo, sposato da tanti anni con Chicca, che un giorno comincia a dimenticarsi parole, nomi, fatti. E' il morbo di Alzheimer e l'inizio della prova più difficile per Lino e per il suo amore con Chicca. Un dramma puramente sentimentale in senso lato, una sorta di risposta italiana ad Away from Her con Julie Christie scritta dallo stesso Avati che racconta il lato emotivo di una delle più tremende malattie esistenti.
Il film infatti si concentra sul percorso affettivo al morbo connesso, ritraendo l'evoluzione paradossale del rapporto di coppia dal placido avviarsi all'anzianità fino al ritorno all'infanzia, all giovinezza senza fine, all'età in cui la mente del malato si rifugia: Avati prende Chicca come punto di vista per concentrarsi sulla reazione e sul peso di una scelta d'amore prossima all'ostinazione del sacrificio, e trova un'atmosfera convincente, intensa, in cui le emozioni anche le più cupe e forti non spaventano il regista.
Che però, come gli accade in quasi tutti i suoi ultimi film, cede a un finale patetico e consolatorio che appesantisce la tensione narrativa, come se il gusto del racconto avesse preso la mano ad Avati limitandone l'efficace, come se con l'avanzare degli anni, tenere il passo di un intero film diventasse più difficile: si nota anche nelle difficoltà tecniche della fotografia, nell'inutilità dei flashback. E anche nel modo con cui il direttore d'attori punta esclusivamente sui protagonisti Fabrizio Bentivoglio e una perfetta Francesca Neri dimenticando sfondo e attori secondari, caratteristi e contorni che sono quelli che avrebbero dato un maggiore spessore a un film che conosce le corde da toccare, ma che sul più bello se ne dimentica.

Voto: 6,5

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