lunedì 23 maggio 2011

E' cinema o calcio?

Annunciazione annunciazione. Il festival di Cannes è finito ieri. E io sto sempre sul pezzo, per cui parlo dei risultati oggi. Che tendenze e aspettative vengono fuori dal palmares del 64° festival francese?
La vittoria di quel film incredibile di The Tree of Life di Malick (a voi la mia recensioneil mio video) era prevedibile e talmente giusta da essere quasi ininfluente. Come la giuria, divisa tra Hollywood, Europa commerciale e di ricerca e nuove cinematografie (anche se Johnnie To non è un esordiente), anche il palmares è equo e variopinto: il gran premio della giuria ha premiato il cinema d'autore duro e puro ed è anche quello che ha lasciato più scontenti i presenti, tra Once upon a Time in Anatolia di Ceylan e Il ragazzo con la bicicletta dei Dardenne, tutti e tre fedelissimi dei premi sulla Croisette e forse legati a un'idea di cinema poco attuale. Il che non vuol dire nulla se per attuale s'intende il cinema "di tendenza". Ceylan è fatto per dividere (il film non l'ho visto) e i Dardenne non sono al massimo con l'ultimo film, ma sono cineasti rigorosi e complessi che è giusto, anche solo concettualmente, premiare. Forse per attuale s'intende Nicholas Winding Refn che ha vinto il premio per la miglior regia con Drive: ben venga, tra i giovani autori è uno dei più esplosivi.
Il premio della giuria, ossia la medaglia di bronzo, a Polisse dell'attrice-regista-sospiratrice patetica sul palco Maiwenn: c'è chi l'ha reputato splendido, chi figlio di Distretto di polizia: la verità forse starà nel mezzo, ma lei che fingeva di essere devastata dall'emozione, fin troppo magra e con enormi denti, è un'immagine poco seducente. Gli attori migliori sono stati il grande Jean Dujardin per il film rivelazione The Artist di Haznavicious (recuperate dello stesso regista e dello stesso attore i film comico-avventurosi di OSS 117) e Kirsten Dunst per la pietra dello "scandalo" Melancholia. Infine la sceneggiatura al film che nessuno ha visto Footnote di Cedar.
Di tutto questo a giornali e giornalisti nostrani interessa poco: perchè il vero senso della Croisette sembra che i film italiani non abbiano vinto niente. Disdetta: sarà colpa di questo cinema comunista che ormai ha fatto il suo tempo o degli stranieri che remano contro per tenerci all'oscuro della gloria? La risposta più sensata sarebbe: ecchissenefrega, ma sarebbe anche la meno elegante. Mi fermo però un attimo a pensare a come anche per il cinema e l'arte, in Italia sia tutto sempre ridotto a una questione di tifoseria, di noi o loro, di ragione o torto. Non esiste il cinema italiano. Come non esiste il cinema francese, tedesco, turco o americano. Questa definizione ha senso come industria e non è certo al festival di Cannes che si giudica lo stato di salute di una cinematografia, e ancora di meno grazie a un premio. A Cannes, ma in generale, esistono i film belli e quelli brutti, quelli che arricchiscono e quelli che danneggiano lo spettatore. Se avesse vinto un brutto film italiano saremmo dovuti essere più contenti rispetto alla vittoria di un grande film americano o comunque straniero. Reputo Habemus papam di moretti un gran film, e mi dispiace che non abbia vinto, almeno l'incredibile Piccoli: ma posso arrabbiarmi perchè è italiano? Il cinema non è calcio. La politica non è calcio. Il problema è che in Italia esiste il calcio, anche dove non c'è. Anche come opprimente metafora.

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