lunedì 13 giugno 2011

Non ci sono più i teenager di una volta

Le serie giovanili Made in USA: come sono e come erano

Per poter dire c'era una volta, forse bisogna risalire fino al 1974, quando Garry Marshall per la ABC creò Happy Days, la sitcomedy più famosa di sempre – almeno fino a Friends – che vedeva al centro delle sue vicende un gruppo di ragazzi di Milwaukee e le loro storie. Potremmo risalire a quella serie per porre la prima pietra nella fondazione dei teen dramas, le serie famose e famigerate che hanno come target e come nucleo narrative un gruppo di adolescenti, possibilmente in età scolastica o universitaria.
Ma la vera e propria rivoluzione, il salto dello squalo per dirla con Fonzie e compagnia, avviene nel 1990, quando il marpione chiamato Aaron Spelling assieme a un altro filibustiere della serialità come Darren Star creano la madre – meglio la figlia vista l'età media – di tutte le serie per ragazzi: Beverly Hills 90210, lo show targato Fox che per 296 episodi spalmati su 10 stagioni che ridefinito l'essenza stessa degli adolescenti in tv: storie d'amore ora tormentate, ora tragiche, di rado serene, temi sociali all'acqua di rose ma che fanno presa sul pubblico, attori e attrici belli e fascinosi, più di rado sexy, che portano lo spettatore a innamorarsi garantendo il successo. In pratica più una soap-opera che un dramma televisivo, ma di grande e duraturo seguito.
Talmente duraturo da generare uno spin-off, Melrose Place, ma soprattutto da dare vita ai giorni nostri a un remake dal titolo 90210. Non solo: sugli stessi schermi appare anche Melrose Place, aggiornamento, se non remake, della serie omonima. Proprio l'approdo dei due remake sulla rete Fox italiana (Sky) dei due remake, di cui 90210 con la seconda stagione e l'altro in prima visione con l'unica stagione prodotta, viene da porsi un interrogativo: cosa è successo alle serie adolescenziali da portare i network a investire su rifacimenti piuttosto che su prodotti originali? Specialmente The CW, che con One Tree Hill sta conseguendo interessanti risultati da 8 stagioni, perché punta a rimestare nel già visto anziché cercare di catturare l'adolescenza degli anni '10? In sostanza, cosa è cambiato negli anni da far declinare l'interesse per le serie teen e relegarle a una nicchia?
Oltre alle novità tecnologiche che portano il pubblico a guardare sempre meno i programmi “in diretta” e a registrarli su comodi hard disk, o all'evoluzione di streaming e peer to peer che portano davvero gli utenti di tutto il mondo a vivere delle dirette globali (fenomeno cominciato con gli Oscar e lo sport e proseguito con le serie tv, Glee su tutte), il cuore del problema sta nel modo in cui la narrativa tv del nuovo millennio ha saputo, o meno, guardare i giovani dei nostri anni.
Beverly Hills e 8 anni dopo Dawson's Creek – vero e proprio culto a cavallo del millennio, creato nel '98 da Kevin Williamson e trasmesso da The Wb (predecessore di The Cw) per sei stagioni – sono entrati nell'immaginario collettivo per la capacità di entrare dentro il mondo giovanile, di descriverne usi e costumi, di aggiornarne i gusti e le sensibilità, di ca(r)pirne le dinamiche: Beverly Hills racconta i figli degli anni '80, ricchi ed edonisti, il loro rapporto pericoloso eppure imprescindibile con le droghe – soprattutto la cocaina – la logica del live fast, die young che accompagna sempre i momenti di boom economico, la decadenza giovanile che si contrappone al fiorire economico; a quasi dieci anni di distanza, Dawson's Creek mette in scena invece i resti dell'era grunge, della fine del sogno americano inteso come epopea della ricchezza borghese e racconta ragazzi di provincia, di classe media quando non proletari, e del loro bisogno di una sensibilità artistica e psicologica (ma anche psicoanalitica) che il decennio precedente aveva spazzato.
I nuovi prodotti seriali per ragazzi, prendendo come emblema il più celebre Gossip Girl, hanno smesso di essere uno specchio e si pongono come vetrina: per attori e attrici carini il giusto, per storielle e intrighi da romanzo Harmony, per un'idea di tv ferma a E! Entertainment e Nonsolomoda. Poi dici che un network non si butta sui remake, anche grazie al successo di repliche e dvd degli originali: ma purtroppo senza aggiornarne lo spirito, limitandosi semplicemente a tirarli a lucido. Fallendo, come dimostra la chiusura di Melrose Place dopo un solo anno: e allora non rimane loro che leccarsi le ferite, mentre noi ce ne torniamo a ricordare i tempi di Kelly e Dylan, o Joey e Pacey.
(pubblicato su The Cinema Show n°10)

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